Accade all’improvviso che la corsa si arresti e tutto quello che era assolutamente improrogabile perda d’importanza. L’attenzione, ora, è altrove e ciò che si dava per scontato assume la rilevanza dell’essenziale. La preziosità della vita, di punto in bianco, emerge in tutto il suo valore con il suo carico di ricordi, legami, desideri che, ormai, hanno interrotto il loro viaggio terreno.

Eppure, mentre il Paese volge l’attenzione alle vittime degli efferati attentati non rassegnandosi a quella assurda morte, alcuni cercano di recriminare fino ad edulcorare la verità dei fatti offrendo piste di lettura spietatamente utili alle loro trame di potere. Loro, infatti, continuano a correre ma non vedono che la corsa, quella su cui scorre l’umano, si è arrestata!

Era il 4 agosto del 1974 quando all’una di notte all’uscita dalla “Galleria degli Appennini”, una potente deflagrazione attraversò la quinta vettura del treno Espresso 1486 “Italicus”, diretto a Monaco di Baviera, uccidendo dodici passeggeri e ferendone altri quarantotto.

Non un incidente ma un attentato rivendicato dai gruppi di destra eversiva toscani, gli stessi che con Mario Tuti nel 1977, a Roma, costituiranno i Nuclei Armati Rivoluzionari. Proprio lui che nel 1967, dopo essersi trasferito a Firenze per frequentare la facoltà di Architettura, aveva fatto parte dell’organizzazione terroristica Ordine Nuovo e nel 1974 aveva fondato il Fronte Nazionale Rivoluzionario.

Maria Fida Moro ha dichiarato che su quel treno diretto a Monaco era salito il padre, Aldo Moro, ma prima che il convoglio partisse fu fatto scendere per delle pratiche da firmare. L’attentato, certo, è da considerarsi come un manifesto attacco alla democrazia, rivendicato subito dopo l’esplosione con queste parole: “seppelliremo la democrazia sotto una montagna di morti”.

La Commissione Parlamentare dichiarerà che gli attentati della destra eversiva di quegli anni furono istigati da Propaganda due, responsabile dei fatti in termini storico politici. L’intento era quello di  diffondere terrore e destabilizzare lo Stato per provocare un golpe che, poi, avrebbe visto l’intervento militare per riprendere il controllo del Paese.

Analoghe circostanze sono state rilevate nella pianificazione di un secondo attentato, ancora più brutale, datato 2 agosto 1980. Alle 10.25 del mattino, alla stazione centrale di Bologna, una esplosione uccideva ottantacinque persone ferendone altre duecento. Proprio un paio di giorni prima Mario Tuti era stato rinviato a giudizio per la strage dell’Italicus e nell’arco di quarant’anni, dopo cinque processi, è stato appurato che insieme ai NAR l’attentato abbia visto coinvolti Propaganda due, i Servizi segreti e Cosa Nostra.

Emerge, dunque, l’opera di una regia occulta che ha il potere di insabbiare le prove e sviare le indagini così come era già avvenuto il 27 giugno 1980 per la strage di Ustica. In quell’occasione il DC-9 proveniente da Bologna esplose prima di atterrare a Palermo, morirono ottantuno persone tra passeggeri ed equipaggio. Abbiamo assistito a decenni di depistaggi e di occultamento delle prove, inizialmente la strage fu attribuita ai NAR ai quali veniva imputata una bomba posta all’interno del velivolo ma, in realtà, il DC-9 si trovò in mezzo ad un’azione di guerra nei cieli sopra il Mar Tirreno e l’accesso ai tracciati radar della NATO fu autorizzato solo nel 1996.

Insieme al viaggio dei passeggeri coinvolti nelle stragi si è fermata anche la corsa di un Paese orientato solo da una parvenza di giustizia, di verità e di bellezza. Se gli interessi dei poteri forti, e questo non vale solo per l’Italia, valgono più della custodia della gente comune è necessario riflettere sul senso della storia e delle politiche nazionali.

Ogni volta che si dà un prezzo alla vita di una persona, sacrificandola per giustificare le finalità del potere di turno, si sta decidendo di costruire una società senza volto, una comunità civile priva di valori e parametri etici. Il risultato immediato è quello di generare individui mascherati che non lasciano trapelare le autentiche intenzioni e che, di conseguenza, creeranno alleanze a seconda dell’interesse del momento: è così che la storia si trasforma in una fiction televisiva.

Se i gruppi eversivi avevano rinunciato alla capacità di pensiero rimanendo schiacciati da un’ideologia facilmente strumentalizzabile come ha dimostrato la storia, oggi piuttosto assistiamo a un fenomeno ulteriore perché la manipolazione è facilitata da un pensiero appiattito sul piano dei bisogni consumistici. La spinta compulsiva all’appagamento immediato, dunque, diventa il grande traino che porta le folle ad osannare un politico come se fosse un vip che spinge all’ebbrezza del momento. Se la politica si fa con gli influencer, allora, è stata ridotta a mera opinione e l’incostanza delle cordate politiche ne è la prova più evidente.

Abbiamo bisogno, credo, di scendere da questa corsa delirante per tornare a pensare e a vedere. Altrimenti non ci sarà più spazio per la meraviglia del quotidiano, verrà meno la sorpresa dell’incontro e la gioia del dono gratuito e, soprattutto, non ci sarà più nessuno capace di rimanere in ascolto dei più piccoli. Sono coloro che la vita per tanti motivi ha fatto scendere dalla corsa, ora a causa di un incidente, di una malattia, di un fallimento o della perdita di una persona cara. Loro hanno aperto gli occhi e chiedono alla società in corsa di scendere per tornare al tratto umano, l’unico capace di restituire giustizia al nostro mondo.