La società contemporanea pare organizzarsi secondo criteri di omologazione degli stili di vita e dei consumi come se il livello di civiltà fosse proporzionato ad un pensiero uniforme. La diversità è poco tollerata e quando si manifesta un pensiero libero da logiche di profitto e aperto al bene comune, nasce una sorta di sospetto come se la gratuità costituisse una minaccia.
In realtà simile processo genera profondo isolamento, distanza sociale e aree di ghettizzazione. L’altro nella sua differenza viene percepito come un nemico e pertanto emarginato, si creano muri di separazione più o meno visibili nel tentativo di controllare l’imprevedibilità altrui. È la logica che regge la globalizzazione dove la pianificazione centralizzata dell’economia priva l’essere umano di identità e unicità.
Eppure non siamo numeri! Se il genere umano si è evoluto è perchè ha potuto esprimere dialettica e creatività, capacità di andare oltre il conosciuto condividendo i saperi acquisiti. A tale prospettiva comunionale ci apre la festa liturgica dell’Ascensione che celebriamo oggi.
La relazione di fede è resa possibile dalla separazione, il Maestro ascende al Cielo per tornare. È necessaria la distanza per maturare un rapporto, perchè nella coincidenza ci sarebbe un legame fusionale che nel tempo spegnerebbe ogni attrazione e desiderio. Nella distanza matura un pensiero autonomo e si diventa capaci di scelte così come di nutrire un legame.
Gesù ascendendo mostra come il muro di separazione tra il Cielo e la terra è definitivamente abbattuto e la morte non è più la conclusione dell’esistenza umana in quanto la meta è ben oltre. Eppure il Risorto invita i suoi a non rimanere a guardare al Cielo come ad indicare che è nel cammino quotidiano che si può fare esperienza di questa comunione profonda, altrimenti la fede diverrebbe un’astrazione, uno sforzo ascetico per separarsi da questo mondo svalutando ogni cosa. Lui, dopo la resurrezione, era rimasto con i suoi discepoli mostrando un corpo glorioso e cioè capace di tangibilità ma al contempo di una dimensione nuova. Ad esempio pur entrando a porte chiuse aveva condiviso il pasto con loro. L’amore che ha penetrato finanche la realtà più buia dell’essere umano, la morte, ha reso capace il corpo di una luce nuova e cioè del dono più grande per la vita dell’altro.
C’è una straordinaria novità offerta al credente: l’esperienza di scoprire il proprio corpo, ciò che più intimamente ci lega a questa terra, come tempio di Dio. È questa apertura che permette il “ritorno” di Dio nella persona dello Spirito Santo ma ciò è possibile solo attraverso una relazione libera che sceglie di accogliere pienamente Lui nella propria vita. Non è più possibile compromesso alcuno, piuttosto è necessario il compromettersi della persona in tutte le dimensioni della sua esistenza senza più nessuna divisione.
È perciò che l’omologazione si oppone alla fede cristiana in quanto lo Spirito è libero e si esprime nella diversità dei carismi e nella originalità di ciascuno. Il principio comunionale, invece, fa condividere ogni dono mettendo in comune quello che si è ricevuto e che si continua ad accogliere.
Questa esperienza abbatte un ulteriore muro di separazione: quello del sacro! È l’essere vivente il nuovo tempio di Dio e non è ammissibile alcuna divisione in quanto ogni cosa va espressa nella sua vocazione rivolta al Bene.
Il lavoro diventa il luogo di santificazione e missione quotidiana ed è perciò che non può essere profanato dalle logiche di sfruttamento come quelle legate al caporalato e all’arricchimento di pochi. Le relazioni umane sono ugualmente chiamate ad esprimere la comunione con il Cielo e dunque a riconoscere i legami fraterni in cui si esprime la bellezza di Dio. L’ambiente nella sua interezza viene colto con rispetto e gratitudine perchè rivela la cura che il Signore ha per i suoi figli. Ferire il Creato equivarrebbe a rifiutare la mano benedicente del Cielo.
Gesù durante l’ascensione benedice i suoi consegnando una missione: è l’esperienza della Chiesa chiamata a condividere il dono ricevuto e a costruire ponti di amicizia e di comunione tra il Cielo e la terra.
Questa esperienza è possibile nei rapporti face to face, 1×1, altrimenti si rimarrebbe nell’anonimato spersonalizzante, invece la generazione alla vita di fede è possibile attraverso l’incontro personale con chi testimonia il Maestro. Comprendiamo quanto grande sia la fiducia che Dio ha per ogni cristiano ed è in questo rapporto che può esprimersi autenticamente la libertà e l’unicità di ogni vocazione.
La testimonianza cristiana, dunque, scaturisce da questa fiducia che rende figli ed esprime la differenza dalla mentalità di questo mondo: è la chiamata ad essere sale e lievito per la tutta la gente. È un nascondimento che porta sapore e fa fermentare la massa, è la condivisione della Luce che non emerge per se stessa ma per rivelare un Altro.