Gesù rende lode al Padre perché si rivela ai piccoli, mentre i superbi e i dotti rimangono saturi del loro sapere (Mt 11, 25.30). Come, infatti, conoscere il Cielo se già si è pieni?

Nel Vangelo leggiamo che piccoli vanno da Gesù, lo cercano con insistenza perchè solo in Lui trovano riparo. La festa di san Francesco che celebriamo in questa domenica ci ricorda come lui ha trovato pienamente rifugio nel Signore e proprio quando era attraversato da innumerevoli malattie, fino alla cecità, è riuscito a comporre il Cantico delle Creature.

Il cuore di Francesco è colmo di gratitudine perchè si riconosce piccolo e per questo totalmente nelle mani del Padre. Francesco si affida e non si chiude nell’isolamento proprio di chi sta a leccarsi le ferite e preferisce lamentarsi per quello che gli accade, piuttosto per lui la solitudine diventa luogo di incontro e occasione per approfondire il dialogo con il Cielo.

Francesco ha una memoria grata e ciò perchè riconosce come Dio non l’ha mai abbandonato e continua a prendersi cura di lui e di tutte le creature. Infatti, non è possibile alcuna realizzazione quando l’esistenza è pensata in termini individualistici, perchè il bene del Padre non può essere trattato con esclusività ma con fare fraterno. La sfida di ogni tempo è rivolta alla prossimità verso gli ultimi e al non rimanere dentro i propri calcoli programmatici tipici del “dotto” che coltiva il culto di sé.

Francesco non vivrà un’esistenza ideale, si troverà rifiutato perdente quando partirà per la battaglia, perseguitato dal padre quando vorrà esprimere la sua vocazione, gravato da tante malattie, rifiutato dai suoi stessi frati quando lo vedranno fragile ma fermo nel proporre la radicalità evangelica. Eppure, tutto questo diventerà profondità di vita perchè lascerà ogni logica di appropriazione e rivendicazione del proprio ego, sarà pienamente consegnato al Padre. Ciò dimostra quanta confusione si fa nella vita spirituale quando si pensa alla propria crescita in funzione delle condizioni favorevoli, in quel caso è ancora l’ego a stare al centro di tutto!

Francesco è il cantore di Dio perchè si sintonizza con la Sua presenza nel mondo, ascolta la bellezza del creato in cui trova il riflesso del Creatore, canta le su laudi Francesco perchè è in ascolto del Padre e non ripiegato sulle sue malattie.

È uomo riconciliato e perciò capace di perdono gratuito e, dunque, di stare in relazione con l’altro tanto da riuscire ad ammansire il “lupo” di Gubbio. La prospettiva, però, rimane sempre quella della custodia dei piccoli, della difesa del bene comune, del creato, dell’amore ad ogni costo.

Proprio oggi papa Francesco nell’Enciclica “Fratelli tutti” sottolinea un passaggio illuminante che permette di comprendere meglio il senso del perdono a cui siamo chiamati:

“Non si tratta di proporre un perdono rinunciando ai propri diritti davanti a un potente corrotto, a un criminale o a qualcuno che degrada la nostra dignità. Siamo chiamati ad amare tutti, senza eccezioni, però amare un oppressore non significa consentire che continui ad essere tale; e neppure fargli pensare che ciò che fa è accettabile. Al contrario, il modo buono di amarlo è cercare in vari modi di farlo smettere di opprimere, è togliergli quel potere che non sa usare e che lo deforma come essere umano. Perdonare non vuol dire permettere che continuino a calpestare la dignità propria e altrui, o lasciare che un criminale continui a delinquere. Chi patisce ingiustizia deve difendere con forza i diritti suoi e della sua famiglia, proprio perché deve custodire la dignità che gli è stata data, una dignità che Dio ama.

Se un delinquente ha fatto del male a me o a uno dei miei cari, nulla mi vieta di esigere giustizia e di adoperarmi affinché quella persona – o qualunque altra – non mi danneggi di nuovo né faccia lo stesso contro altri. Mi spetta farlo, e il perdono non solo non annulla questa necessità bensì la richiede. Ciò che conta è non farlo per alimentare un’ira che fa male all’anima della persona e all’anima del nostro popolo, o per un bisogno malsano di distruggere l’altro scatenando una trafila di vendette. Nessuno raggiunge la pace interiore né si riconcilia con la vita in questa maniera. La verità è che «nessuna famiglia, nessun gruppo di vicini, nessuna etnia e tanto meno un Paese ha futuro, se il motore che li unisce, li raduna e copre le differenze è la vendetta e l’odio. Non possiamo metterci d’accordo e unirci per vendicarci, per fare a chi è stato violento la stessa cosa che lui ha fatto a noi, per pianificare occasioni di ritorsione sotto forme apparentemente legali». Così non si guadagna nulla e alla lunga si perde tutto”. La ricerca del Bene si oppone ad ogni sorta di vendetta ed è la comunione col Cielo la meta del cammino di Francesco e di ogni cristiano.

È per questo che oggi, celebrando san Francesco nel giorno del Signore, la nostra Comunità ha meditato come la logica dei potenti ha già perso e la pretesa di potere di chi non rispetta i diritti umani rimane pura illusione. L’abbiamo espresso con un umile gesto, alla maniera di Francesco, creando un’aiuola in piazza in risposta al vile gesto dello scorso mese in cui qualcuno, dopo avere ripetutamente abbandonato degli ingombranti in piazza Danisinni, ha dato fuoco ferendo ulteriormente la nostra Casa bruciando il grande pino che adornava la piazza.

I bimbi hanno piantumato alberelli e fiori in segno di una rinnovata speranza, di una semina necessaria per contribuire ai cambiamenti. È la logica di chi guarda al futuro a differenza di chi rimane spento nel presente colmo di manie di onnipotenza e illusioni di essere qualcuno.

Di fronte a chi rimane con lo sguardo chino per terra accecato dai suoi pensieri di morte, sappiamo bene che i piccoli, loro, ci ricordano come continuare a guardare al Cielo.