Nella buona cucina gli ingredienti più preziosi non sono visibili ed è il gusto a rivelarne la presenza, similmente, ci impoveriamo quando la nostra sensibilità si riduce a ciò che appare perdendo la qualità del gusto.

Il sale ed il lievito, pur essendo indispensabili, per servire devono mischiarsi con i diversi ingredienti delle pietanze senza più apparire. Un’immagine che, plasticamente, esprime il valore del dono il quale rivela tutta la sua valenza quando è pienamente gratuito e cioè non cerca la visibilità del donatore ma la gioia del beneficiario.

Anche la luce trova significato quando permette di contemplare i luoghi o i volti che illumina e, certo, non rimane fine a se stessa. Quando manca e si rimane al buio, non è più possibile orientarsi, ammirare e discernere la direzione, si sperimenta solitudine rimanendo distanti da quel che circonda.

Gesù, con l’immagine del sale e della luce, attribuisce ai suoi discepoli una identità relazionale che fa stare nel mondo facendosi dono per l’altro.

Donare significa rendere ricco l’altro, desiderarne la felicità, vivere la gratuità quale senso della propria esistenza. È  ben diverso dal “favore” fatto dal mafioso, dal politico o da persone che detengono ruoli di potere e che, in realtà, in questo modo pretendono di legare a sé e sottomettere il bisognoso di turno.

Il regalo fatto per ricevere un contraccambio diventa lo strumento per mantenere potere sull’altro e, in quel caso, si trasforma in ricatto morale impedendo la libertà della relazione e, quindi, della gratuità. Questa non ammette restituzione perché, altrimenti, significherebbe dare un prezzo all’animo umano e così orientare la bontà o l’ostilità di una persona in base al tornaconto di turno. Anche per questo motivo la benedizione ricevuta da un sacerdote non attende un’offerta perché l’agire di Dio è totale gratuità!

Tale prospettiva entra in disaccordo con la cultura dei consumi e l’economia di mercato che, illusoriamente, crede di potersi reggere attraverso il valore economico dato alle cose e alle persone. Quando una squadra è quotata in borsa e un calciatore riesce ad avere paghe stagionali pari a milioni di euro, lo sport perde la sua bellezza e l’atleta viene considerato al pari di un automa programmato per una prestazione sempre più perfetta.

Tutta la visione del quotidiano può essere influenzata dalla logica dei consumi e dell’apparire: il modo di organizzare la città e quindi di pianificare gli spazi di socializzazione, l’arredo delle case, lo stile di vita dettato dalle mode, la spinta ad un frenetico eccesso di esperienze da consumare.

Si pensi a come il ritmo del tempo è stato rimodulato attraverso l’apertura domenicale che costringe alcuni al lavoro continuato ed altri al consumo per impegnare il tempo libero. Senza sosta e attesa viene meno il desiderio; e senza ascolto dedicato alla profondità della vita spirituale si condanna il vivere ad un piano di superficie che piega la volontà all’appagamento immediato secondo il principio del piacere.

Simile anestesia del cuore determina un analfabetismo sentimentale oltre che valoriale, viene meno la visione e l’orizzonte da dare al proprio cammino, l’esistenza si riduce ad un mero avvitamento attorno a se stessi. È quello che genera un sistema economico che utilizza l’umano quale merce e agente di consumo: l’interazione viene ridotta al mero criterio estetico e, dunque, la capacità attrattiva e seduttiva diventa l’investimento più grande per trarre a sé il viandante e poi sottometterlo al proprio potere.

Il Vangelo si sottrae al criterio estetico e torna a parlare dell’importanza del sale per dare sapore e della luce per illuminare la casa (Mt 5, 13-16), così come del lievito per lievitare la pasta (Mt 13, 33). Mentre il sale ed il lievito, nella loro funzione, devono scomparire per rendere gustoso il  nutrimento, la luce deve emergere per favorire la visione della realtà circostante. Essi sono dono per l’altro che diventa anche la loro misura. Il sale ed il lievito, altrimenti, guasterebbero i cibi e l’eccessiva luce non permetterebbe di vedere. Il criterio, dunque, è sempre relazionale e il bene altrui diventa principio per il proprio bene.

Significativa, a riguardo, la testimonianza dei tanti ospiti della Missione Speranza e Carità che durante la veglia di preghiera, alla morte di fratel Biagio Conte, hanno parlato della loro scoperta di Dio grazie all’accoglienza avuta nella Missione e non hanno idolatrato la figura fratel Biagio, piuttosto, hanno ringraziato il Signore per il suo dono nella loro vita.

Testimonia un altro chi non vive per se stesso, chi non accumula per esserci ma fa del dono il senso dei propri giorni perché donando si riceve ed è questa la grammatica dell’amore. In Gesù crocifisso alcuni, stando ai piedi della croce, riconobbero il Figlio di Dio. Nel donare tutto di sé, Lui rivelava la fiducia nell’amore del Padre.