Una premessa importante è avere chiaro per quale battaglia si sta spendendo la propria vita, per quale causa ci si sta consumando dedicando il prezioso tempo dell’esistenza terrena.
Questa esperienza può esser condotta in spirito di autoaffermazione, fondando tutto su se stessi, oppure poggiando in Dio consapevoli che senza Cielo non è possibile trovare senso alle cose della vita.
Rimaniamo senza senso quando i nostri giorni scorrono ripiegati su noi stessi, ciascuno sulle proprie ferite, e il rapporto con il mondo che circonda rimane filtrato dal proprio bisogno di guarigione o dal risentimento per l’ingiustizia subita. In questi casi si rischia di compromettere tutto e il prossimo finisce con l’essere valutato a seconda della consolazione che se ne vorrebbe ottenere.
L’equivoco di fondo è dato dal pretendere che l’altro debba essere il guaritore della propria esistenza e, così facendo, si rinuncia a consegnare il carico che si porta a Dio.
L’assetto della preghiera nella fede cristiana, esprime la relazione che permette di ottenere giustizia e cioè il disporsi di fronte a Dio consapevoli che è Lui a restituire dignità piena ad ogni persona.
Eppure nella parabola (Lc 18,1-8) di questa domenica troviamo la figura di una vedova che chiede insistentemente giustizia ad un giudice disonesto. È un passaggio esplicativo quello usato da Gesù per rivelare che la costanza nella preghiera ottiene risultato e ciò è garantito dal fatto che Dio non è un giudice disonesto ma un Padre che ama i suoi figli. La questione, dunque, non è posta tanto sulla bontà del Cielo ma sulla fiducia che l’uomo ha sullo sguardo che gli viene rivolto dall’alto.
La vita di fede rimane autentica se nel tempo il credente continua a confidare nel Signore. Sarebbe mancanza di fede il credere in Lui quando tutto scorre piacevolemente e finire con il rinnegarlo quando la vita è provata e nel buio si attribuisce a Dio ogni sorta di colpa!
Dopo le atrocità della seconda guerra mondiale l’umanità si è chiesta dove era Dio in quel momento, lo stesso potremmo ribadire oggi per quel che sta accadendo a poche miglia dalle nostre spiagge dove solitamente trascorriamo le vacanze estive o, ancora, apprendendo dell’eccidio dell’etnia curda nuova follia dei nostri giorni. Piuttosto secondo la fede sarebbe da chiedersi il senso di tanti ragionamenti che vorrebbero giustificare l’esclusione dello straniero o, ancora, il lavoro di migliaia di operai assunti nelle fabbriche italiane che continuano ad inviare armi da guerra in Turchia e che nel giro di pochi giorni saranno utilizzate per colpire il popolo curdo.
La fede pone in una prospettiva inversa rispetto alla cultura imperante e destabilizza le certezze del pensiero lineare e calcolatore.
La vedova è consapevole di avere un avversario e nella sua estrema povertà ricorre alla preghiera. La fede scaturisce dal riconoscimento di essere profondamente poveri e bisognosi di Dio. È lì che scopriamo una via nuova che apre alla luce pur rimanendo immersi nel buio della precarietà dell’esistenza. Si scopre, allora, che la preghiera non è questione di un momento o di alcuni spazi riservati ma la quotidianità in ogni sua azione diventa preghiera ossia tutto è vissuto rimanendo in relazione con Dio.
Chi entra in quest’esperienza diventa sensibile alle ferite che l’umanità porta e le presenta a Dio adoperandosi concretamente per supportare chi è nella sofferenza. Come non accorgersi di un’ingiustizia profonda che sta strappando la vita a migliaia di giovani e adulti che sono caduti nell’assunzione del crack. Tale droga assunta per inalazione procura grave dipendenza psicologica e fisica alterando i centri del sistema nervoso fino a procurare forme di psicosi incontrollabili.
Le nostre Città stanno diventando sempre più irragionevolmente violente a motivo degli agiti che procura tale dipendenza e non è sufficiente fermarsi al sintomo criminale ultimo, quando le azioni di prevenzione sono pressocchè inesistenti.
Quando fomenti uno stile di vita dipendente in virtù del business economico, la distruzione della vita sociale e della dignità delle persone non è più imprevedibile conseguenza ma risultato programmato. La fede permette di rompere ogni legame con questo sistema di cose e la preghiera diventa arma prorompente per rintracciare nuove vie da percorrere insieme all’umanità ferita.
scritto da Fratel Mauro Billetta 20-10-2019