Uno dei gravi drammi del nostro tempo è l’espropriazione di una meta, infatti le nuove generazioni appaiono deprivate del diritto al futuro. Rimaste schiacciate in un eterno presente dettato dalla logica dei consumi e dell’ “usa e getta” alla ricerca di sempre nuovo appagamento.
È insaziabile la fame di bisogni indotti e il principio di piacere pare regolare le scelte che, di fatto, sono subite passivamente cioè dettate da una spinta compulsiva verso l’oggetto di turno meglio pubblicizzato.
Una società bulimica produce anoressia affettiva, depressione e aggressività alla ricerca dell’affermazione di sé. Senza meta l’umano permane in un orizzonte meramente orizzontale che lo rende, illusoriamente, centro del mondo e pretenzioso padrone di ogni cosa.
Avere una meta equivale a trascendersi, considerare che il cammino è rivolto ad un oltre da perseguire, e percepire che il centro sta da un’altra parte.
La scena evangelica di questa domenica ci mostra Lazzaro che è portato in Cielo, mentre prima stava alla porta di un ricco che non gli offriva neanche le briciole della sua mensa.
L’altro è centro a se stesso, è così bramoso di sfamarsi continuamente da non accorgersi di avere qualcuno attorno. Il ricco, dopo la morte sarà portato nell’abisso senza possibilità di passare oltre, lui che ha escluso ora si trova eternamente escluso dalla Luce.
È la parabola dell’esistenza umana, in cui ciascuno è occasione per l’altro. Il ricco aveva Lazzaro e questi dal ricco avrebbe potuto attingere sussistenza. Ciascuno è opportunità per l’altro e la relazione umana acquista il suo profondo riconoscimento quando si vive un rapporto verticale col Padre, quando quello che si è e si dona è colto con gratitudine, quale dono e non come conquista.
È la via che apre alla condivisione, diversamente dove c’è egoismo sistematico c’è buio talmente fitto da impedire ogni forma di guarigione.
A ciascuno è dato di evolvere la propria esistenza, non c’è crescita senza apertura e, affinchè questa possa essere possibile, è necessario riconoscersi custodi dell’altro, sentirsi responsabili dell’umanità che ci sta attorno.
Il ricco ha vesti lussuose, vesti fatte da mani d’uomo, vesti che vorrebbero garantire un’immagine, uno status ed un diritto di vita. Lazzaro è rivestito delle sue piaghe, cioè della sua fragilità, vedendolo il ricco avrebbe l’occasione di manifestargli il suo interesse e le sue cure
Il primo sta investendo su se stesso, Lazzaro invece attende l’investimento di un altro. In realtà ogni essere umano abbisogna di un altro per prendersi cura delle proprie ferite, chi prova ad automedicarsi finisce con il mettere una corazza mantenendo vivo il malessere che porta dentro. Anche il narcisista, seppure tanto sicuro di sé, porta un’identità estremamente fragile che non ammette alcuna critica per non crollare drammaticamente.
Gesù entra nelle questioni della esistenza umana, nelle fragilità che il discepolo porta. Non permette ai suoi di rimanere spettatori della propria esistenza, chiede cosa stanno facendo dei loro talenti e se sono disposti a lasciare tutto per seguirlo. Chi incontra Cristo, dunque, scopre che vengono messi in discussione i presunti equilibri di prima. Abbandonare le certezze è proprio dei discepoli del Signore.
Lui desidera incontrare il volto dell’umanità e Lazzaro porta un nome proprio perchè sta in relazione con Dio. Il ricco della parabola, invece, è anonimo in quanto non ha spazio per la relazione e finirà i suoi giorni senza mai aprirsi al rapporto con Dio, mancherà di vocazione.
Chi rimane in attesa nutre un desiderio, non si tratta di dimenticare i propri bisogni ma cercare un senso profondo per cui vale spendersi senza riserve. È questo orizzonte ad aprire al perdono e alla gratuità, alla comunione e all’interesse per l’altro.
In questa domenica la nostra Comunità vivrà il pellegrinaggio al santuario di Santa Rosalia sul Montepellegrino. Un cammino di preghiera sulle orme di una donna vissuta otto secoli fa e che ha fatto della spoliazione e del desiderio di Dio la ricerca dell’intera sua vita. Rosalia si è spesa, pregando, per la sua terra e poi dal Cielo ha continuato ad intercedere per i più poveri. La santità cristiana è espressione di massima solidarietà e desiderio di comunione con il prossimo, i santi rivelano come ci si consuma senza tenere più niente per sé.